La Locanda al Piave
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Hotel Locanda al Piave |
Era un lunedì mattina come tanti
in quel piccolo e grazioso albergo che sorgeva nei pressi delle sponde del
fiume Piave. Molti fatti storici ne avevano segnato il passato, le fondamenta
non poggiavano solo sulla terra, poggiavano anche su quegli avvenimenti che
stravolsero la città di San Donà e che il tempo aveva trasformato in ricordi,
imprigionati ora in bianco e nero su delle fotografie appese alle pareti. Se
l’anima di quelle mura potesse esprimersi vi racconterebbe delle due guerre
mondiali, dell’alluvione del 1966 dalla quale uscì indenne, delle quattro
generazioni di donne che dal 1890 lo gestisce con passione e fantasia.
L’atmosfera che si respira è di
tranquillità e tepore, quello che solo le mani amorevoli delle donne riescono a
trasmettere. Li niente era lasciato al caso, ogni cosa era curata nei minimi
dettagli.
Quella mattina qualche ospite
alle sette e trenta era già sceso in sala per la colazione, tutto era
tranquillo, tutto procedeva con la solita routine. Nessuno però poteva sapere
che di li a poco, una vecchia leggenda dimenticata dalla maggior parte degli
uomini del paese sarebbe stata riportata alla luce da colui che da anni ne
studiava i misteri e i significati più profondi. Se tutto ciò che aveva trovato
e analizzato diceva il vero, in quell’edificio era stato nascosto un oggetto
dai poteri straordinari, portato dal fiume Piave più di duecento anni fa.
Un uomo alto e moro con un
cappotto lungo si presentò al bancone della reception. Nella mano destra teneva
un piccolo trolley nero, nella sinistra una valigetta di pelle marrone scuro,
aveva un’aria diffidente e uno sguardo freddo. Si guardò attorno studiando la
piccola hall. Pochi istanti dopo arrivò la proprietaria dell’albergo.
«Buongiorno, come posso esserle
utile?»
«Ho prenotato una stanza per
cinque notti, inizialmente, poi non so se mi dovrò fermare di più, sa gli
affari non danno mai delle scadenze precise»
«Non si preoccupi. Il suo nome?»
«Lucas»
«Bene, la sua stanza è la numero
106, al primo piano»
«Ottimo, grazie»
«A lei e buon soggiorno»
Era una grigia giornata
d’autunno, da nessun angolo del cielo il sole riusciva a sporgersi tra le
nuvole. “Giornate come questa non portano nulla di buono” pensò la donna tra se
e se guardando fuori dalla porta d’entrata, mentre l’uomo si avviava verso
l’ascensore.
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